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Costi fissi, costi variabili e punto di pareggio: dalla contabilità analitica all'analisi aziendale

Questo articolo vuole offrire una breve panoramica sulla distinzione tra costi fissi e costi variabili, in quanto è un aspetto molto importante che ogni imprenditore dovrebbe sempre avere bene presente.

Sebbene si tratti di un concetto che fa parte della contabilità industriale e quindi pensato per le aziende che producono beni, in cui vi sono una serie di costi specificatamente afferenti ad un prodotto, la sua progettazione, l'organizzazione della produzione, l'utilizzo dei macchinari, la pubblicizzazione, ecc., questa distinzione risulta estremamente importante, in forma semplificata, anche per la aziende commerciali.

L'analisi dei costi fissi e variabili può infatti effettuarsi, oltre che su un singolo prodotto nell'ambito di una vera e propria contabilità industriale, anche sull'azienda nella sua interezza, o ad esempio per valutare la redditività di filiali, stabilimenti e punti vendita.

Prima di tutto occorre afferrare il concetto-base, pensato per un singolo prodotto. Poi , in altro articolo, cercheremo di traslare questo concetto anche sull'azienda o su parte di essa.

Nell'ambito della contabilità industriale, diventa fondamentale conoscere i fattori che incidono sul costo di produzione di un prodotto per poterne poi determinare il prezzo di vendita.

Supponiamo ad esempio di volere produrre una scrivania, avremo un costo per la progettazione ed il design, un costo per l'impostazione del lavoro, un altro costo per l'utilizzo dei macchinari, quindi il costo del materiale, il tempo dei dipendenti, infine la pubblicità per fare conoscere il prodotto.

Alcuni di questi costi sono fissi, ossia sono gli stessi indipendentemente dal fatto che produciamo una sola scrivania o un milione di scrivanie. Altri costi invece sono variabili, ossia sono correlati al numero di pezzi prodotti. Il costo di progettazione sarà ad esempio un costo fisso. Il costo dei materiali impiegati sarà invece un costo variabile, ossia direttamente proporzionale al numero di pezzi prodotti. Se produciamo una scrivania spenderemo ad esempio 100 Euro di materiale, se ne produciamo 10 ne spenderemo 1.000, se ne produciamo 100 ne spenderemo 10.000, e così via.

Per semplificare, immaginiamo che abbiamo un solo costo fisso, la progettazione, ed un solo costo variabile, il materiale impiegato. Se ogni scrivania ci costa 100 Euro di costi variabili (materiale), il prezzo di vendita oltre i 100 Euro (importo che occorre per coprire i costi variabili) serve per coprire i costi fissi (progettazione) e solo una volta coperti tutti i costi fissi avremo finalmente un risultato positivo.

Ipotizziamo che i costi fissi ammontino a 2.000 Euro. Se vendiamo 40 scrivanie a 150 Euro l'una avremo 50 Euro (150-100 di costi variabili) da destinare in primis alla copertura dei costi fissi. Tecnicamente questo importo prende il nome di margine di contribuzione unitario. Facciamo un semplice calcolo, 50 Euro * 40 scrivanie vendute fa 2.000 Euro, che servono esattamente a coprire i costi fissi. Si avrà quindi un pareggio. Se invece avessimo venduto solo 30 scrivanie, sempre a 150 Euro, avremo avuto (50*30=1.500) una perdita di 500 Euro, perché i ricavi di vendita non avrebbero coperto l'insieme dei costi fissi + costi variabili. Se invece avessimo venduto 50 scrivanie avremmo avuto (50*50=2.500) un utile di 500 Euro, che residuavano dopo la copertura dei costi fissi + costi variabili.

Il punto di pareggio, in questo caso la vendita di 40 scrivanie per un totale di 6.000 Euro, prende anche il nome di break even point, che tecnicamente indica appunto il punto di pareggio, al di sotto del quale si ha una perdita ed al di sopra del quale si ha un utile.

Per spiegare meglio il concetto, ecco un semplice diagramma del punto di pareggio. In questo caso è stato ipotizzato un articolo venduto a 10 Euro, con costi variabili di 6 Euro per ogni pezzo prodotto. I rimanenti 4 Euro, che costituiscono il margine di contribuzione unitario, devono riuscire a copire i costi fissi, che sono stati ipotizzati in 10.000 Euro. Ne consegue che occorrono 2.500 pezzi venduti per arrivare al punto di pareggio (break even point). Sotto i 2.500 pezzi saremo in perdita, sopra i 2.500 pezzi saremo in utile.


Diagramma del punto di pareggio


Il diagramma dimostra proprio questo, una diagonale che parte da zero, quella rossa, con un'inclinazione maggiore che rappresenta i ricavi, una diagonale che parte più in alto, quella azzurra, ossia dopo la soglia dei costi fissi con un'inclinazione più moderata, che rappresenta i costi (quelli fissi costituiti dall'altezza di partenza, quelli variabili costituiti dall'inclinazione della diagonale). Laddove le due diagonali si incrociano c'è il punto di pareggio e quindi, nello spazio tra le due diagonali, avremo a sinistra l'area di perdita, a destra l'area di utile (l'andamento del risultato da perdita a utile è rappresentato dalla linea verde).

Come accennato in apertura, questo calcolo non è tuttavia limitato alle sole imprese industriali, ma può risultare molto utile anche nell'impostazione della gestione di qualsiasi azienda, ne ho parlato più approfonditamente in questo altro articolo.


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01/08/2022

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